GIORNATA NAZIONALE CONTRO I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE

Il 15 marzo è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, promossa per la prima volta nel 2012 dall’Associazione ligure “Mi nutro di vita”, fondata da Stefano Tavilla, papà di Giulia morta a 17 anni per bulimia.

Ma cosa si nasconde dietro questo colore così innocente e candido?

Si cela un mondo fatto di ombre, di paure e di tanta sofferenza al quale, purtroppo, ancora oggi che siamo ormai nel 2021 non viene data l’importanza e la considerazione che merita. Perché si, anche i disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono una malattia, esattamente come l’ipertensione, il diabete o un tumore, e perciò coloro che ne soffrono devono essere trattati con lo stesso rispetto e lo stesso riguardo di un malato oncologico o di un paziente ricoverato in ospedale.

Chi ha un rapporto “complicato” con il cibo non è una persona viziata, che volontariamente non mangia per mantenere la linea o che, al contrario, mangia troppo perché non sa frenare la propria golosità ed ingordigia; al contrario, è una persona schiava del cibo, il quale viene visto a volte come un amico, a volte come il proprio peggior nemico in un circolo oscuro da cui è difficile, quasi impossibile uscirne.

Con il giusto aiuto, però, chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare può essere salvato, sicuramente non guarirà mai del tutto dalla propria patologia, ma avrà la possibilità di vivere più a lungo ed in salute, senza il terrore di una cena con gli amici o di una colazione al bar sotto casa.

Nel Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Psichiatrici, i DCA vengono definiti come “caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti connessi all’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

I più conosciuti e i più diffusi sono l’anoressia e la bulimia, ma nella definizione di “disturbo alimentare” rientrano molti altri comportamenti anomali come la pica (disturbo psichiatrico consistente nel mettere in bocca qualunque cosa, non commestibile), il disturbo di ruminazione (come dice il nome, il cibo viene letteralmente “ruminato” come fanno i bovini), il disturbo da evitamento, caratterizzato dalla fobia nei confronti di un alimento specifico, l’ortoressia, la vigoressia, il binge-drunk o abuso alcolico, il “chewing & spitting” e la NES (Night Eating Syndrome).

Le cause di DCA sono molteplici (modelli occidentali, società, mass-media, diete sfuggite di mano, ma anche problemi psicologici) e per tale ragione, essendo così difficile risalire all’agente eziologico, è altrettanto complesso programmare ed attuare una terapia efficace e specifica.

Affinché si manifesti uno di questi disturbi, è necessario avere alla base una piccola predisposizione genetica sulla quale agiscono, però, molteplici fattori esterni classificati come “fattori di rischio”, quelli che aumentano la probabilità che si sviluppi un DCA, “fattori scatenanti”, in concomitanza dei quali si presenta la malattia (un lutto, una separazione, ecc) ed infine “fattori di mantenimento”, ovvero quei comportamenti quotidiani che permettono di mantenere “viva” la malattia.

L’età di insorgenza di tali disturbi si sta drasticamente abbassando, tanto che al giorno d’oggi i primi episodi si possono manifestare anche intorno agli 8-9 anni e questo per la maggior quantità di esempi e modelli negativi proposti ai bambini da parte della società e dei mass-media, attraverso i programmi televisivi, le pubblicità, i siti internet e i social network. Non a caso l’idealizzazione di magrezza come sinonimo di bellezza inizia nel 1960 con il fenomeno “Twiggy”, lanciato dal Metropolitan: Twiggy è stata la prima modella estremamente magra prodotta dall’industria della moda.

Tutti i disturbi del comportamento alimentare sono poi più frequenti tra la popolazione femminile piuttosto che tra quella maschile: l’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.

Invece, nel caso della bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini. Nell’anoressia nervosa, il tasso di remissione è del 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio, 70-80% dopo 8 o più anni, ma purtroppo nel 10-20% dei casi si sviluppa una condizione cronica che persiste per l’intera vita. L’aiuto migliore per queste persone viene dall’amore e dalla vicinanza dei loro affetti più cari, famigliari, amici, fidanzati/e, oltre che dall’intervento di un team di esperti comprendente almeno un medico specifico in base alle complicanze sviluppate dal soggetto (i DCA portano a problematiche come gravi carenze vitaminiche, difficoltà cardiache fino all’arresto, infezioni, lacerazione dell’intestino o dello stomaco, ecc), una dietista e uno psicologo.

Le persone affette da un disturbo del comportamento alimentare hanno bisogno di essere capite, non giudicate o assecondate: per trovare un punto di incontro e di contatto, non bisogna focalizzarsi solamente su quanto sia magra
nostra figlia oppure su quanto scarse siano le quantità di cibo ingerite da nostra sorella, ma è soprattutto importante parlare con loro, farle svagare e farle vivere giornate il più “normali” possibili, trasmettendo loro amore, serenità e tranquillità, ricordandosi sempre che dietro al loro comportamento si nascondo tante insicurezze, fragilità e sofferenze che possono e che, anzi, devono essere sconfitte.

Letizia Ariu – Dott.ssa Nutrizionista